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27/05/2013

Corriere della Sera, 27 maggio 2013
A fil di rete, Aldo Grasso

Ciclismo in HD una festa per gli occhi

S i è concluso il Giro d'Italia. Peccato. Ogni giorno, nonostante il tempaccio, l'appuntamento era imperdibile. Ha vinto Vincenzo Nibali, alla grande, da campione,
per il bene del ciclismo. Era la prima volta che il Giro si misurava con l'Alta Definizione: nuove telecamere, nuovi sistemi di ripresa, nuove sensazioni. Seguire il
Giro in HD è qualcosa di totalmente diverso sia dall'esperienza diretta (il famoso «c'ero anch'io») sia dalle riprese tradizionali. È un'esperienza sensoriale
inedita, una festa per gli occhi. Il paradosso è che spesso diventano quasi più interessanti i dettagli che si riescono a cogliere (le strade, i boschi, la faccia della
gente, un campanile sbrecciato...) della corsa stessa. La Rai era alla sua prima esperienza, speriamo faccia tesoro di questo rodaggio. Con l'HD, specie nel
ciclismo, la regia deve trovare una nuova partitura, come insegna il Tour de France. La ripresa normale rincorre, grosso modo, questo canone: si seguono i ciclisti
e se qualcosa attira l'attenzione (una curiosità, una bellezza naturale, un costruzione storica) si stacca per mostrare allo spettatore quel «corpo estraneo». L'HD,
invece, deve incorporare, se così si può dire, il contesto nel testo (per esempio, la bicicletta umana di Agliè avrebbe dovuto occupare più spazio). Nulla, o ben
poco, deve essere lasciato al caso: forma fluens. Se i corridori fanno la ricognizione del percorso per saggiarne le difficoltà, anche la regia, preventivamente,
dovrebbe fare la ricognizione di tutte le tappe per inserire strategicamente il paesaggio nel racconto secondo un format studiato a tavolino. L'HD trascina la
realtà da una fase meramente riproduttiva a una nuova ideologia della visione. Ci vuole però un bravo traghettatore. P.S. Speriamo che Fabio Genovesi non
finisca nel frullato tv e resti un dono esclusivo per i lettori del Corriere.